07/11/2020 | Maria Adelaide Marchesoni
La collezione Fabrice e Jocelyne Petignat
Una passione per l'arte contemporanea che madre e figlio coltivano da oltre trent'anni
Fabrice e Jocelyne Petignat hanno costruito la loro collezione giorno dopo giorno, seguendo il loro istinto, viaggiando molto ed esplorando tutte le forme dei linguaggi artistici senza obbedire ad alcun vincolo. Acquistano per affinità e complicità con gli artisti, per vivere con le opere. L’attenzione alla ricerca ha arricchito la loro collezione e spesso hanno scoperto e apprezzato il talento di artisti che in seguito sono stati legittimati dalla critica e dal mercato. Un esempio: un'opera della video artista Pipilotti Rist acquistata nei primi anni Novanta..
Cosa significa "collezionare"?
All’inizio non c’era l’intenzione di collezionare. Abbiamo iniziato a frequentare le mostre nei musei, poi le gallerie e le fiere, senza secondi fini. L’idea di collezionare è sorta più tardi, allorché ci siamo resi conto che i primi acquisti cominciavano a formare un insieme.
Quando e perché avete iniziato a collezionare?
A metà degli anni ‘80, ma molto progressivamente. Al principio con opere più classiche, poi a partire dagli inizi degli anni ‘90 con il contemporaneo.
Cosa vi colpisce in un’opera?
Questo dipende dall’opera e dall’artista. La sostanza e il significato sono molto importanti, tenendo sempre in considerazione lo spirito e il lato estetico. Le dimensioni o la categoria sono meno importanti. Abbiamo opere di ogni genere: pittura, scultura, disegno, fotografia, installazioni, video, edizioni. Bisogna che l’opera ci parli e entri in relazione con i nostri interessi e le nostre preoccupazioni.
Quale aspetto del collezionare preferite: cercare, trovare o possedere?
La nostra collezione non è una ricerca metodica su di un determinato tema. E’ piuttosto il risultato di incontri, di scoperte, di viaggi che ci portano finalmente all’acquisto di un’opera. Il tutto è molto aperto e senza pregiudizi. Il momento della scoperta è senza dubbio il più interessante. Una scoperta porta sovente ad un’altra scoperta.
Il focus della collezione (se esiste)
Nella collezione abbiamo un gran numero di artiste donne, che non è dettato da alcuna volontà o decisione concertata. Dopo qualche anno ci siamo resi conto che avevamo acquistato opere di molte artiste a partire dall'inizio degli anni ’90. Le giovani artiste di quegli anni, lavorando sul corpo e l’identità, ci hanno portato in modo del tutto naturale alle performer degli anni ’70, quali Marina Abramovic o Valie Export. Per il resto abbiamo molte opere che hanno come soggetto la musica e gli animali.
Il linguaggio artistico che vi appassiona maggiormente?
Nessuno in particolare, tutti sono importanti e partecipano ad uno stesso linguaggio
Qual è lavoro che considerate il punto di partenza della collezione?
Nessun opera in particolare. La scena degli inizi degli anni ’90 è stata il punto di partenza della collezione contemporanea. Ha ritrovato infatti un’energia e un’impertinenza che mancavano alla fine degli anni ’80, e che la crisi del ’88 ha spazzato via, permettendo l’emergere di una nuova scena artistica e di nuove gallerie.
Un acquisto impulsivo
« La risurrezione di Lazzaro » di Billy Childish, durante il lockdown.
Un acquisto meditato
Miriam Cahn di cui abbiamo costituito un insieme coerente durante gli anni.
Come è cambiata (se è cambiata) la collezione negli ultimi anni?
E’ una lenta evoluzione. Nel tempo si è sviluppata in modo diversificato. Resta intatta la curiosità per gli artisti (che sono fortunatamente ancora numerosi) che non cedono alla facilità che identifica questi ultimi anni.
Tra i protagonisti del mondo dell'arte che avete conosciuto ci raccontate qualche aneddoto ?
Troppi aneddoti di incontri indimenticabili e di grandi emozioni in questi 35 anni. Per citare i più noti, il gallerista Yvon Lambert che ci ha ispirato molto, e naturalmente gli artisti: Daniel Buren, Christian Boltanski, Urs Lüthi, Elisabeth Peyton, Tony Cragg, Sue Williams, Mirian Cahn, Zoé Leonard, ecc…. Tra i curatori: Adelina von Fürstenberg alla quale siamo molto legati e che svolge un lavoro straordinario, e naturalmente Harald Szeemann che incontrammo brevemente durante una fiera a Basilea.
Vi piace conoscere gli artisti? Ci può essere un legame con l'artista oltre al possesso dell'opera d'arte?
E’ senz’altro innegabile che poter incontrare l’artista, di parlare con lui/lei del suo lavoro è un valore aggiunto. Questo permette di conoscere le sue intenzioni artistiche e il contatto diretto permette di approfondire meglio la persona e l’opera.
Come avete reagito durante il lockdown? L'arte vi ha aiutato a superare il momento difficile o c'è stato uno stacco?
Né l’uno, né l’altro, solo la mancanza di nuove esposizioni, in modo particolare nei musei. Il fatto di non poter più viaggiare e andare nelle gallerie e nei musei è stato difficile.
Pro e contro il prestito d’arte e i social network?
Per i prestiti, malgrado il pericolo di vedersi tornare le opere danneggiate, è importante essere disponibili nel farlo. Soprattutto per esposizioni importanti poiché permettono di far conoscere la Collezione e sovente di vedere l’opera nel catalogo.
I social network sono un buon mezzo per informarsi, ma non bisogna lasciarsi sopraffare dal flusso di informazioni, che alle volte non sono molto interessanti. Bisogna definire per bene ciò che vogliamo vedere. E’ lo stesso problema con le e-mail: riceverne troppe alla fine ci porta a non prestare più la dovuta attenzione.
Un'opera emblematica nella vostra collezione?
Jennifer Miller di Zoe Leonard.