01/05/2020 | Silvia Anna BarrilĂ
La collezione di Nedko Solakov
In mostra da Galleria Continua la collezione ideale dell'artista bulgaro in dialogo con le sue opere
Artista noto a livello internazionale, Nedko Solakov è anche un collezionista. Ha iniziato la sua collezione nel 1986, quando insieme alla moglie Slava ha acquistato un disegno di un maestro bulgaro dagli eredi dell'artista. Da allora la collezione ha continuato a crescere. Oggi include numerose opere di colleghi internazionali, ma si tratta per lo più di opere di piccole dimensioni, per cui, in occasione della sua nuova mostra da Galleria Continua a San Gimignano, Solakov ha invitato gli artisti della sua collezione a prestare un'opera di grandi dimensioni per realizzare il suo sogno di collezionista d'arte.
Il cuore dell'esposizione, in corso fino al 6 settembre 2020, è l'installazione dello stesso Solakov intitolata "Some Nice Things to Enjoy While You Are Not Making a Living", un progetto concepito a partire dal 2006 e realizzato nel 2008 in occasione della mostra itinerante "Emotions" al Kunstmuseum di Bonn, Kunstmuseum di St. Gallen e Mathildenhöhe di Darmstadt. L'ultima volta è stato esposto nel 2012 allo S.M.A.K. di Ghent. Per questa nuova iterazione l'artista ha aggiunto alla grande narrativa della sua opera la sua passione di collezionista.
Esposti in mostra ci sono 16 artisti già presenti nella collezione di Solakov e altri tre di cui l'artista non ha ancora opere (e probabilmente non ne avrà mai, dice), vale a dire Chen Zhen, Anish Kapoor e Carol Rama. Per ognuno degli artisti Solakov ha una storia, che racconta sulle pareti della galleria con il suo consueto modo di fare e l'ironia che lo caratterizza. Nelle sue parole ci sono i ricordi e le emozioni dell'incontro con ciascun artista e il racconto dell'acquisizione o, talvolta, dello scambio dell'opera.
Per esempio, Solakov ricorda dello scambio di opere con Shilpa Gupta, avvenuto in un giorno di pioggia alla Fiera d’Arte di Basilea. "Mi diede questo bellissimo libro dal contenuto ritagliato (più due grandi chiodi indiani da piantare nel muro) e io a lei diedi uno dei miei disegni con storie. Oggigiorno raramente un artista è capace di dare forma in modo così vivido a un concetto che solitamente viene raffigurato in maniera monotona tanto quanto l’arte concettuale. Per essere una ragazza così delicata lo rende in modo piuttosto intenso".
Parlando di Monica Bonvicini Solakov usa la parola “tenerezza”, che a primo impatto sembrerebbe poco appropriata a descrivere le opere dell'artista. "Eppure - così Solakov -, non importa quanta durezza trapeli dalla sua opera “Bad Girl”, percepisco sempre una certa tenerezza quando osservo le sue creazioni o quando ne faccio direttamente parte. Custodisco ancora il ricordo straordinario di quando pisciai nella toilette da lei creata e perfettamente funzionante dal titolo “Don’t Miss a Sec”, in pieno centro, nell’affollatissima Messeplatz di Basilea, mentre guardavo deliziato i passanti a solo un metro di distanza, i quali, però, da fuori vedevano loro stessi, come se i muri fossero specchi a senso unico: un confine artistico perfetto di separazione tra il privato e il pubblico, che non interferisce coi bisogni fisiologici individuali. Ci siamo scambiati delle opere qualche anno fa: ho ricevuto un collage bellissimo (e molto tenero)".
Nedko Solakov ricorda anche quanto fu felice quando l'artista francese Daniel Buren accettò di fare uno scambio di disegni. "Mi inviò il suo da Parigi - racconta -, ma uno dei due corrieri principali smarrì il pacco da qualche parte in Croazia. Allora lui, uno dei più grandi artisti dei nostri tempi, me ne inviò un altro, che arrivò sano e salvo."
Uno di quegli artisti con cui Solakov ha fatto recentemente uno scambio d’opere è Artur Zmiewski. "Ammiravo le sue opere da tanto ma non avevo mai avuto l’occasione di conoscerlo personalmente. Poi, nell’autunno del 2019, ci siamo ritrovati a un’altra esposizione insieme e abbiamo parlato a lungo e, sorprendentemente, perlopiù di pittura e disegno. Ricordo ancora la sua retrospettiva alla Kunsthalle di Basilea di qualche anno fa. I suoi film parlano di uomini in circostanze non proprio umane, che, nonostante ciò, rimangono umani. Sembra un pessimo cliché ma è vero".
Nella sua collezione Nedko Solakov ha un bellissimo disegno a matita di Sol LeWitt, "uno scambio con Massimo M. (assieme a delle fotografie di Dan Graham, Francesca Woodman e Luigi Ghirri e un altro disegno a matita di Robert Barry)" racconta l'artista. "Fa parte di quella schiera di artisti entrati nella storia dell’arte contemporanea a vent’anni. Per alcuni di loro ciò rappresentò un enorme fardello da portare per il resto della loro vita professionale. Ma non per lui."
Solakov ricorda l'incontro con Geta Bratescu. "Fu un’esperienza davvero degna di nota quando il suo gallerista rumeno accompagnò me e mia moglie al suo appartamento, in un comunissimo condominio, tipico delle nostre città post-socialiste. E la stanza in cui lavorava era piena di sue creazioni, che la signora, in età avanzata, continuava a disegnare e ritagliare giornalmente. Quella stanza era più grande di Bucarest. Comprammo un bellissimo collage e ci mostrò anche un altro disegno".
E poi c'è l'incontro con Karin Sander in occasione della Biennale di Istanbul del 1995, a cui parteciparono entrambi. "Stavo realizzando dei piccoli scarabocchi su carta da parati a fantasia floreale" scrive, "mentre lei era intenta a levigare un uovo che aveva con sé. Fu un’esperienza meravigliosa: un oggetto estremamente fragile, naturale (e vivo) che davanti ai miei occhi assumeva un aspetto monumentale, come una piramide egizia. Negli anni siamo diventati amici e, a un certo punto, abbiamo fatto uno scambio d’opere: io ho ricevuto una bellissima “Mailed Painting” e, dopo poco, due scansioni 3D di me e mia moglie, mentre io le diedi un disegno e delle piccole storie nel suo appartamento / studio a Berlino. E ogni volta che vedo un’opera d’arte in un luogo pubblico, la paragono sempre al suo capolavoro: “The Center of Gravity / Center Point of the City Münster”.
Di Anish Kapoor, invece, Solakov non ha nessun disegno, purtroppo, ma conosce le sue opere fin dai primi anni novanta e le ha sempre ammirate. "Ricordo ancora la sua "Descent into Limbo" alla Documenta 9 e quella fantastica sensazione di non sapere quanto fosse profondo quel buco - racconta -. È possibile toccarne il fondo o ha una maggiore profondità rispetto a “The Vertical Earth Kilometer” di Walter De Maria presente nella stessa piazza?"
Nedko Solakov e Dan Perjovschi si conoscono da anni. "Siamo stati insieme a più di 50 mostre e siamo buoni amici. E abbiamo realizzato almeno due progetti in duo: uno a New York e uno a Vienna. Ma, sebbene entrambi realizziamo doodle su muri e altre superfici pubbliche, il nostro approccio è molto diverso. Dan raramente si inventa una nuova storia mentre lavora sulla parete. Tutte le sue storie geniali, argute e umane sono prese dai suoi quaderni d’appunti (ho il piacere di essere in possesso di uno di questi), nei quali raccoglie le sue idee. Mentre invece io, il bulgaro sfaticato, non penso mai preventivamente a ciò che farò in un dato spazio; semplicemente entro e comincio a disegnare liberamente. Ma qualcosa in comune ce l’abbiamo: entrambi rispettiamo il pubblico e lo spazio in cui si trova".
Parlando di Hans-Peter Feldmann, Solakov dice: "Che bellissima sensazione d’assurdo nelle sue opere! Un po’ di luce e di massiccia ironia, mescolate a qualche lacrima di tristezza, tutto ciò condito con della saggezza genuina e alquanto comune, e voilà: un’opera d’arte che potrebbe non sembrare per niente comune, ma che rende la giornata migliore. Uno scambio con M.M."
Un acquisto mancato è Carol Rama. "Se ne parlò con una galleria di New York anni fa, ma il prezzo era decisamente troppo elevato, anche se, un paio d’anni dopo, acquistai un’opera di un artista meno famoso a un prezzo più elevato (gli artisti-collezionisti di opere sono un po’ stupidi a volte). Adoro i suoi disegni erotici, la loro oscenità poetica è sublime".
Come Solakov, diversi artisti in collezione provengono dall'ex-blocco sovietico, tra questi i Kabakov. "Per un po’ alcuni mi chiamarono “il Kabakov bulgaro” - ricorda Solakov - e non riuscivo a capire se dovessi andarne fiero o sentirmi un po’ offeso. Ma di certo sono fiero di conoscere Emilia e Ilya di persona e amo quello che fanno. Io e Slava possediamo due disegni: il primo lo scambiai con una galleria belga e il secondo con i Kabakov. La narrazione di storie in uno spazio non è così semplice e loro sono dei veri campioni in questo. Veniamo da paesi post- socialisti, il che aiuta un po’ nel narrare le vite altrui".
Solakov ricorda anche Chen Zhen, di cui però non possiede opere. "L’ho conosciuto anni fa dopo che entrambi realizzammo delle installazioni spettacolari (come dissero alcuni professionisti) in un project space di New York piuttosto illustre a metà degli anni ‘90" così Solakov. "Fui davvero rattristato nell’apprendere la notizia della sua morte. No, non ho suoi disegni, ma ho tantissimi ricordi delle sue storie, che sono visivamente così diverse e umane".