27/08/2021 | Silvia Anna Barrilà
La collezione di Maria Wegmann
Collezionista svizzera, ha iniziato ad acquistare arte a Tokyo alla fine degli anni 70. Nel tempo il suo interesse si è spostato dal Minimalismo all'Arte concettuale, per poi concentrarsi sull'arte delle donne
Cosa significa per lei collezionare?
Collezionare per me significa dedicarsi all’arte contemporanea per osservare quello che stiamo vivendo oggi. L’arte è il riflesso della società in cui viviamo.
Quando e perché ha iniziato a collezionare?
Nel 1979 mio marito ebbe l’opportunità di lavorare a Tokyo per il Credito Svizzero. Durante una vacanza alle Hawaii, comprammo due incisioni che ci piacquero molto in una galleria di Honolulu. Solo al momento di pagare ci rendemmo conto che erano di Salvador Dalì. Oggi ho un gusto diverso, ma ricordo molto bene quanto fummo felici di appendere quelle due incisioni nel nostro appartamento a Tokyo. Ora è risaputo che Dalì firmò molti suoi lavori su carta.
Al rientro in Svizzera, nel 1986, costruimmo una casa a Winterthur con l’architetto Peter Märkli. Per quest’ultimo l’arte è una componente importante nel suo lavoro di architettura ed è così che entrammo in contatto con lo scultore Hans Josephsohn, dal quale acquistammo sculture e disegni.
Nel 1991 tornammo a Tokyo, dove vivemmo per altri sei anni e qui incontrammo l’incisore giapponese Yoshi Segoshi grazie alla mia amica Irene. L’alta qualità del suo lavoro richiamava molti artisti nazionali ed internazionali, che si appoggiavano a lui per le loro produzioni. Qui comprammo lavori di Toeko Tatsuno (la prima artista donna che conobbi personalmente), Lee Ufan, Aki Kuroda e Sandro Chia.
Nel 1996 rientrammo a Winterthur e nel 1998 visitammo Art Basel per la prima volta. Dopo aver visto un’esposizione di Lee Ufan in una galleria di Tokyo, approfondì molto il suo lavoro e il mio desiderio fu di acquistare un suo dipinto originale. L’opera che trovammo alla Bochum Gallery si intitola “Correspondence”. Dopo questa esperienza continuammo a visitare Art Basel e anno dopo anno la nostra collezione crebbe.
Qual è il focus della collezione?
Visitammo molte mostre nei musei di Tokyo e la nostra attenzione si indirizzò presto verso artisti americani “Minimal”, come per esempio Donal Judd, John Chamberlain, Carl Andre o Agnes Martin, per cui il nostro focus ebbe una svolta verso questo movimento/stile.
Decidemmo poi di collezionare solo artisti viventi, visto che erano in grado di riflettere la realtà del momento. All’acquisto di un’opera maggiore, ci impegnammo ad acquistare sempre anche un disegno. Inoltre collezionammo pure artisti giapponesi, comprendendo anche la fotografia. Nel 2003 infine, decidemmo di concentrarci unicamente su artiste donne.
Qual è il linguaggio che la affascina di più e che reazione prova?
Il Minimalismo, forse in relazione alla nostra vita in Giappone e l'Arte concettuale, presumibilmente perché Marcel Duchamp mi affascina.
Qual è il lavoro che considera come punto di partenza della collezione?
“Correspondence” di Lee Ufan. Lo comprai dopo aver approfondito molto l’arte contemporanea.
Un acquisto impulsivo?
Durante una colazione con David Shrigley, all’Hotel Flore a S-chanf in Engadina. Mentre mangiavo un uovo vidi un suo disegno sul muro, che per coincidenza raffigurava un uovo. Gli dissi: “Sai che colleziono solo artiste donne? Ma che non esistono regole senza eccezioni?” Ne fu molto felice e mi regalò delle calze (!) che mi fanno sentir bene durante le domeniche di brutto tempo.
Un acquisto ragionato?
Un disegno di Lawrence Weiner. Lo stavamo cercando da cinque anni, quando lo trovammo alla Dvir Gallery durante ArtBasel 2011, dal titolo “Row Row Row Your Boat”. Il lavoro è una dedica al suo amico Bas Jan Ader, che sparì nel mare nel 1975. Il lavoro combacia perfettamente con un’altra sua opera che si trova sul muro della nostra piscina.
Come è cambiata la collezione?
Nel momento in cui decidemmo di collezionare solo artiste donne, nel 2003. A quel punto anche l’arte concettuale entrò a farne parte ed iniziammo a collezionare artiste come Bethan Huws, Rita Mc Bride, Karin Sander.
Tra i protagonisti del mondo dell’arte che le capitò di incontrare, potrebbe raccontare un aneddoto che le è rimasto più impresso di altri?
Incontrai Roni Horn nel 1997 durante la sua mostra “You are the weather” al Fotomuseum di Winterthur. L’anno prima avevo comprato una sua opera “Key and Cue No. 1241 (the Lilac is an ancient Scrub)” ad Art Basel. Durante il colloquio con lei appresi che le frasi che utilizza per le sue barre di metallo sono tratte da poesie di Emily Dickinson. Roni mi disse che per lei i nomi erano già poesie.
L’incontro personale con l’artista ha un’influenza sull’acquisto di un’opera?
Sin da quando iniziammo a concentrarci su artiste donne posso dire di aver incontrato la maggior parte di loro personalmente. Cerco sempre di visitare le loro mostre nei musei e nelle gallerie. Al momento ho commissionato un lavoro a Bethan Huws per il mio giardino nella casa in Ticino, e sono molto entusiasta.
Durante il lockdown l’arte l’ha aiutata a superare i momenti difficili, o c’è stata una disconnessione?
L’arte è parte della mia vita e continua ad essere uno stimolo.
*L'immagine in copertina è l'opera di Su- Mei Tse, "Word", 2014