08/12/2020 | Nicola Zanella
La collezione Agnes e Frits Becht
I coniugi Becht hanno iniziato a collezionare agli inizi degli anni ’60 e nel tempo hanno stretto legami con grandi artisti da Yayoi Kusama a Lucio Fontana
La Collezione Becht si è evoluta nel tempo, incontrando in modo pionieristico le varie correnti che si sono susseguite. Oggi il figlio Brendan tiene vivo lo spirito della collezione, che ha sempre messo in primo piano la condivisione e il rapporto con l’artista, con un progetto in cui l’arte è protagonista all’interno del suo ristorante a Milano, Zazà Ramen.
Ci racconta com'è nata la collezione e il suo focus?
La Becht Collection è nata intorno al 1960 all'Aia in Olanda. Mio padre, Frits, alla fine degli anni '50 organizzava mostre nello spazio della Bodega de Posthoorn un bar che ancora esiste e che ai tempi era un ritrovo culturale della città tra eventi d'arte e concerti Jazz. In quel periodo ebbe i primi incontri con l’universo dell'arte contemporanea e soprattutto con gli artisti organizzando tra gli altri la mostra di un giovane italiano: Piero Manzoni, nonché la prima mostra in assoluto di un altro giovanissimo artista italiano Riccardo Guarneri.
Negli anni '60 con mia madre Agnes hanno iniziato a sviluppare la collezione, prima concentrandosi sul Nouveau Réalisme e Pop Art, acquisendo opere di artisti come Arman, Daniel Spoerri, Christo, Mimmo Rotella, Martial Raysse, Peter Blake, Jim Dine e Tom Wesselman. Una svolta, in qualche modo una presa di coscienza per la Becht Collection arriva nel '68 quando lo Stedelijk van Abbemuseum di Eindhoven ha esposto alcune collezioni private, tra cui appunto, la nostra, ‘three blind mice’ un dialogo a tre con le collezioni Visser e Peeters.
La collezione negli anni ha continuato ad evolversi concentrandosi su altri movimenti. Nei primi anni '70 ad esempio la scoperta del minimalismo concettuale, i miei genitori furono tra i primi in Europa ad acquisire per esempio opere di Carl Andre e Fred Sandback.
Detto ciò ci tengo a precisare che la collezione non ha mai avuto come scopo l’investimento o la speculazione ma a guidare gli acquisti è sempre stato l'aspetto estetico o il messaggio concettuale dell'opera.
In qualche modo sei cresciuto circondato dall'arte e dagli artisti hai qualche aneddoto da raccontarci?
I ricordi più belli e più divertenti sono legati al rapporto con gli artisti, alle interazioni umane che sono nate grazie all'arte. Negli anni ‘60 molto spesso in casa organizzavamo delle feste o delle cene in occasione di mostre importanti soprattutto quelle che si svolgevano allo Stedelijk Museum di Amsterdam e, in quelle occasioni, casa nostra era invasa da tantissime persone. Altre occasioni delle quali ho un ricordo molto presente sono state, in quegli anni, la personale di una allora giovane artista giapponese Yayoi Kusama, o per una delle ultime mostre di un maestro assoluto come Lucio Fontana. Proprio Fontana, gentilissimo per ringraziare mia madre le chiese quale fosse il suo colore preferito, mamma rispose International Klein Blue, ed ecco qualche settimana dopo arrivare a casa un taglio di Fontana… di colore blu oltremare.
L'opera a cui sei più legato?
Non c'è un'opera a cui sono più legato ma ci sono opere per me particolarmente significative perché rappresentano un momento, un incontro, diventano quindi il simbolo di un arricchimento personale ed intellettuale. C'è però un artista che in qualche modo è simbolico della Becht Collection meno conosciuto dei grandi nomi sopra citati ma che i miei genitori hanno acquisito per gran parte della loro vita: è l'artista olandese Co Westerik, un pittore figurativo che in questi anni sta godendo di una riscoperta importante, sarà in mostra ad aprile 2021 alla Fondazione Carriero insieme a Carol Rama.
Ad un certo punto hai reso la passione dell'arte ancora più "tua" unendola al lavoro. Ci racconti di come il tuo ristorante Zazà Ramen ha "incontrato" l'arte contemporanea? Cos'è la cosa che ti dà più soddisfazione di questo progetto?
Sono arrivato a Milano grazie al lavoro di cuoco, avendo lavorato a fianco di Gualtiero Marchesi. Sette anni fa ho deciso di aprire un ristorante che rispecchiasse le mie passioni e i miei valori. Per rendere il luogo più stimolante e, perché no, esteticamente piacevole è venuta naturale l'idea di legarlo all’arte contemporanea facendo due mostre l'anno, proseguendo, ma rendendola ancora più mia, una tradizione di famiglia. Ho sempre invitato artisti con cui c'è un legame, una stima reciproca. Zazà non vuole essere un luogo anonimo, ma un posto dove le persone stanno bene e dove la convivialità ha una grande importanza, e in questo il ruolo l'arte è fondamentale.
Raccontaci la mostra in corso?
Unsold Paintings (una quadreria contemporanea) presenta le opere di una pittrice olandese Jaqueline Peeters. Jacqueline era la fidanzata di un caro amico artista e ad essere sincero per me era la moglie di... pertanto non ho mai approfondito il suo lavoro quindi è stata una scoperta prima di tutto personale. Jaqueline per anni ha sospeso la sua attività artistica e mi fa piacere celebrarne il ritorno. È un’artista particolare, indifferente al mercato e al marketing, dipinge in modo molto personale. Dipingere è per lei una necessità prima di tutto il resto.
Prossima mostra da Zaza e prossima opera che ti piacerebbe acquistare?
Dati i tempi, mi riserbo di dire quale sarà la prossima mostra e soprattutto quando. Per quanto riguarda il prossimo acquisto chissà, io e mia moglie Estelle compriamo d’impulso se un’opera ci colpisce e il budget ce lo permette acquistiamo senza troppe riflessioni, bisogna cogliere l’attimo no? L’ultimo artista che è entrato nella nostra collezione è un giovane italiano Matteo De Nando, vi consiglio di dare un’occhiata ai suoi lavori.