14/01/2020 | Hannah Jacobi
La Argo Factory a Teheran
Il collezionista iraniano Hamidreza Pejman ha aperto un museo privato a Teheran all'interno di una vecchia fabbrica di birra con una personale di Nazgol Ansarinia
La notizia dell’abbattimento del volo 752 della Ukraine International Airlines lo scorso 8 gennaio vicino a Teheran ha scosso tutti, anche il mondo dell’arte in Iran, che ha reagito su Instagram con un’ondata di immagini nere e con la chiusura di molte gallerie nella capitale, tra cui la rinomata galleria Ab/Anbar, che ha annunciato che non riaprirà fino a nuovo ordine.
L’unica notizia positiva in controtendenza è quella dell’inaugurazione di un nuovo museo privato nel centro di Teheran, chiamato Argo Factory, per iniziativa del collezionista Hamidreza Pejman, con una personale dell’artista iraniana Nazgol Ansarinia. L'apertura era già prevista lo scorso anno, ma è stata posticipata a novembre a causa delle rivolte innescate dall'aumento dei prezzi della benzina e brutalmente schiacciate.
Il luogo scelto per il museo è una vecchia fabbrica di birra degli anni 20 – elemento piccante nella Repubblica Islamica, dove l'alcol è vietato – in funzione nel centro della città fino alla Rivoluzione e poi rimasta vuota per più di 40 anni. Divenuto proprietà del governo, l’edificio in stato di decadimento è stato messo all’asta nel 2016 e acquistato dalla fondazione del collezionista, la Pejman Foundation, che ha affidato l’impressionante restauro allo studio di architettura di New York ASA North.
Hamidreza Pejman ha grandi progetti: il suo obiettivo è di stabilire niente meno che un nuovo standard per l'arte contemporanea in Iran e vede il lavoro della sua fondazione e della Argo Factory come un mandato educativo. “È importante che l’arte contemporanea sia autentica” ha dichiarato Pejman, che ha fatto successo come imprenditore edile. Poco più che ventenne, ha iniziato a collezionare arte iraniana, acquistando tutto ciò su cui poteva mettere le mani, dalle miniature persiane all’arte moderna all’arte contemporanea. Più si immergeva nei circoli artistici, più voleva dare un profilo alla sua collezione, virando sul contemporaneo. “Se vuoi fare una mostra degli ultimi dieci anni di arte iraniana, puoi fare riferimento a me" dice Pejman, che ha in collezione opere di Ahmad Aali, Fereydoun Ave, Ala Dehghan, Mohammad Hossein Emad, Parvaneh Etemadi, Raana Farnoud, Bita Fayazzi, Parastou Forouhar, Mohammad Ghazali, Ali Golestaneh, Shahla Hosseini, Mehran Mohajer, Masoumeh Mozaffari, Ali Nasir, Nikzad Noujomi, Baktash Sarang Javanbakht, Kourosh Shishegaran, Sadegh Tirafkan e molti altri. Nel paese è tra i pochi collezionisti ad aver già esposto parti della sua collezione e ha in programma di renderla accessibile al pubblico.
Attraverso la sua fondazione, Pejman ha già iniziato nel 2015 a sostenere artisti, mostre e pubblicazioni. Fa capo a lui anche lo spazio Kandovan, che ospita residenze e mostre d’artisti locali e internazionali, e la caffetteria del Teheran Museum of Contemporary Art (TMoCA), dal 1977 all’interno di un famoso edificio dell’architetto iraniano Kamran Diba. Già nel 2017 e nel 2018 Pejman ha aperto gli spazi della Argo Factory, allora non ancora ristrutturati, con mostre di star dell’arte contemporanea internazionale come Neïl Beloufa e Slavs and Tatars.
La portata del progetto museale e lo sforzo finanziario per realizzarlo sono superlativi nel contesto dell’Iran. Si tratta del primo progetto privato in ambito artistico di questa portata e ha spinto al limite il suo fondatore, che afferma di aver pagato tutto di tasca propria. L'iperinflazione iniziata nel 2018 ha quadruplicato i costi. Inizialmente si pensava di aprire il museo a giugno dell’anno scorso con una mostra di video arte con opere provenienti dalla collezione di un museo di Parigi, ma non è stato possibile. In realtà, il fatto che la Argo Factory, con i suoi oltre 4.500 m² di spazio espositivo, quattro gallerie, una biblioteca, una caffetteria e gli spazi per gli uffici, ora sia stato aperto con l’iraniana Nazgol Ansarinia può essere certamente inteso come una dichiarazione di intenti per mettere in luce l’arte iraniana contemporanea.
Nazgol Ansarinia, classe 1979, rappresentata dalla Galleria Raffaella Cortese di Milano e dalla Green Art Gallery di Dubai, è una delle artiste iraniane emergenti più apprezzate a livello internazionale. La mostra rappresenta una panoramica sui suoi lavori a partire dal 2005 fino ad oggi. Le sue installazioni, oggetti, disegni e video sono spesso basati su lunghi e dispendiosi processi di ricerca e produzione e si occupano della metropoli di Teheran e dei suoi cambiamenti urbani e sociali. Con la loro estetica piuttosto semplice, le opere di Ansarinia ben si inseriscono nell’ambiente della vecchia fabbrica, che combina il vecchio e il nuovo in modo accattivante, sebbene a volte facciano difficoltà ad affermarsi sullo sfondo delle imponenti sale espositive. Esiste un'interessante interazione tra l'impulso critico delle opere di Ansarina, che nasce isolando e trasformando fenomeni e modelli socio-economici nell'ambiente urbano, e il vasto sforzo di sviluppo che la Argo Factory rappresenta per il vecchio quartiere di Ferdowsi nel cuore di Teheran.
Il museo è una questione politica a Teheran. Colma una lacuna nel campo dell'arte creando un'istituzione artistica privata ed indipendente, ma, visto che non esiste un'altra istituzione comparabile, rischia di diventare molto dominante. Il successo del museo e del progetto educativo che ci sta dietro dipenderanno da come la Pejman Foundation e la sua direzione artistica si assumeranno questa responsabilità. Al tempo stesso, un'impresa di questa portata non può operare in modo completamente indipendente in Iran. La Argo Factory è un ente culturale che attrae un pubblico ampio, molto diverso dallo spazio semi-privato – e quindi più protetto dalla censura – delle gallerie private. La crescente interferenza delle autorità della Repubblica Islamica dell’Iran nel settore dell'arte negli ultimi anni è stata notata da molte parti. Anche a questo proposito, la Argo Factory si trova ad affrontare un atto di bilanciamento dal quale dipenderà anche la sua credibilità nella scena artistica nell’Iran e oltre.