15/06/2020 | Silvia Anna Barrilà
A casa di Anselm Reyle
Dal 2017 l'artista tedesco vive su una moderna palafitta sulla Sprea progettata dalla moglie Tanja Lincke. All'interno si trovano le opere degli artisti che ammira accanto ai pezzi di design da lui stesso realizzati
Quando è arrivato a Berlino, alla fine degli anni 90, l'artista tedesco Anselm Reyle si è trasferito a Kreuzberg, famoso quartiere alternativo, dove ha creato uno studio insieme a Michel Majerus, John Bock, Berta Fischer e Dieter Detzner. Sono gli anni in cui si è affermato sulla scena dell'arte internazionale con i suoi dipinti astratti dai colori squillanti, che includono materiali industriali, neon e oggetti trovati, in una continua riflessione sul Modernismo e il suo significato.
Dopo più di 20 anni a Kreuzberg, nel 2008, all'apice del successo, Reyle ha trasferito il suo studio a Treptow, un quartiere adiacente a Kreuzberg, ma appartenente alla ex-Germania dell'Est. Sulla riva del fiume Sprea, ha acquistato un terreno appartenuto alla polizia fluviale, dove si pattugliava il confine ed era ancorata anche la barca di Erich Honecker. La moglie Tanja Lincke, architetto, ha progettato la casa in cui ora abitano con i figli, un parallelepipedo rettangolare in cemento e vetro su palafitte, sospeso sull'acqua.
All'interno della casa, l'artista ha installato mobili da lui stesso realizzati. Nella sua carriera, infatti, più volte si è rivolto al design, riferendosi continuamente alla tradizione modernista e alle sue stesse opere con una vena ironica. Come il divano acquistato su ebay, reliquia degli anni 80 in ecopelle, che Reyle ha trasformato usando il tipico contrasto di colori delle sue opere. Oppure le sedie con motivo a camouflage, un tessuto disegnato in occasione di una collaborazione con Dior, da cui sono nati circa 80 pezzi di design. Il tappeto è un dettaglio dei suoi famosi "Foil Paintings", opere realizzate con fogli di alluminio accartocciato in teche di Perspex che sul mercato hanno avuto tanta fortuna.
Un luogo speciale della casa è la libreria, che da un lato conserva i libri e dall'altro è costruita come una bacheca di quelle che si usavano per le miniature e i souvenir. Sugli scaffali Anselm Reyle ha installato le opere della sua collezione d'arte accanto a oggetti acquistati ai mercatini, un mix di linguaggi da cui trae ispirazione.
Per esempio, ci sono opere di Thilo Heinzmann, Steven Parrino ed Hermann Goepfert del Gruppo Zero accanto ad un piatto per la batteria acquistato ad un concerto dei Motorhead e un test di colori realizzato dal verniciatore che sembra un dipinto astratto. C'è un'opera di Don Van Vliet (noto come Captain Beefheart, il suo pseudonimo da musicista) accanto ad una ceramica di un giovane giapponese acquistata nella galleria di Takashi Murakami e ad una ceramica giovanile di Victor Vasarely. E, ancora, opere di Mel Ramos, Katja Strunz, Uwe Heinniken e Otto Freundlich, artista modernista svizzero molto importante per Reyle, che l'artista ha scoperto quando era ancora un bambino e da cui è stato molto influenzato.
Altre opere d'arte che Anselm Reyle ha in collezione sono di artisti che ammira come Peter Halley, con il quale ha scambiato delle opere, e Franz West, con il quale in passato ha collaborato. Poi c'è un tavolo di Arman, che l'artista francese ha realizzato per il suo amico Yves Klein nel suo omonimo blu. C'è un'opera di Jim Lambie della serie delle porte - un altro artista con cui c'è stato uno scambio di opere - e un'opera delle Suicide Girls realizzata in risposta a Richard Prince. Questi, infatti, si è appropriato di un'immagine di Instagram del collettivo Suicide Girls e ne ha fatto un'opera d'arte, venduta a 90.000 dollari. In risposta le Suicide Girls hanno ristampato le stesse immagini del loro profilo Instagram e le hanno vendute a 90 dollari, donando i proventi in beneficenza. Reyle ne ha acquistate due. Una vicenda indicativa per il discorso sull'appropriazione nell'arte contemporanea a anche su cosa si può definire arte oggi.
Il giardino intorno alla casa è stato chiamato dall'artista "Ruinengarten", giardino delle rovine, perché quando è stato demolito l'edificio che era la sede della polizia fluviale, che non si poteva ristrutturare, l'artista ha deciso di conservare un pezzo di una delle pareti della sala principale, che oggi si staglia nel paesaggio come una sorta di rovina romantica.
Anche due alberi del giardino, che durante i lavori sono stati abbattuti, sono stati riutilizzati per realizzare i mobili per la casa, come il tavolo da pranzo, i letti per i bambini e il corrimano delle scale. Una parete a mattonelle di vetro degli anni 60, trovata in una casa vicina, è stata usata nella casa di Reyle per separare due ambienti permettendo alla luce di filtrare. Adiacente alla casa c'è un altro edificio utilizzato dall'artista come suo studio.
Alcuni anni fa Reyle ha iniziato a realizzare grandi sculture in ceramica ispirate ad alcuni vasi degli anni 70 trovati ai mercatini delle pulci. "Sono rimasto affascinato dai colori psichedelici" ha spiegato l'artista, "e mi sono messo a studiare come vengono realizzati. Sono stati prodotti solamente per una quindicina di anni, ma a livello industriale in grandi quantità, per cui erano molto diffusi e su trovavano nelle case di tutti, ma poi sono spariti. L'effetto che presentano sulla superficie, come una colata lavica, è nato per errore. È stato molto difficile trovare oggi qualcuno che sapesse riprodurli in grandi dimensioni, come li volevo io".
I lavori in ceramica rientrano in un ritorno dell’artista ad un approccio più personale all’arte. Nel 2014, infatti, Anselm Reyle ha preso una pausa dopo che le sue opere - che erano in grande richiesta, per cui la loro realizzazione veniva spesso affidata ai collaboratori del suo studio - erano diventate troppo perfette, la produzione era automattizzata, troppo concettuale e poco spontanea.
I suoi dipinti più recenti, a differenza dei precedenti, sono tornati ad essere più gestuali, più genuini, come quelli che l’artista realizzava all’inizio della sua carriera. Oggi la sua ricerca continua ad essere caratterizzata da colori e materiali disarmonici. Anche le ceramiche, con l'imprevedibilità del risultato, la tattilità del processo di realizzazione, rientrano in questo discorso.
"Ho studiato pittura" racconta, "ma ho lottato perché ero attratto più da quello che vedevo all'esterno che dall'idea di guardare dentro di me". Nella sua pratica non ha mai avuto paura di cadere nel kitsch o nel decorativo. Come agli inizi, anche oggi Reyle continua a includere nelle sue opere oggetti trovati, spesso elementi del linguaggio modernista caduti in disuso, a cui l'artista vuole restituire dignità artistica.