Milano | Italia
Collezione Borghi
Laura Borghi è la fondatrice di Officine Saffi
Cosa significa per te “collezionare”?
Convivere con l’arte. Essere circondati da oggetti ed opere che ti fanno compagnia, evocano ricordi e amicizie. Infatti tra le opere sono presenti doni che ho ricevuto dagli artisti che rappresento, come due tazzine da sakè di Shozo Michikawa, un piccolo vaso del grande maestro Yasuhisa Kohyama, una tazza da the Kazuhito Nagasawa. Questi artisti giapponesi vivono e lavorano in importanti centri di produzione della ceramica come Seto e Shigaraki. Sono artisti contemporanei capaci di reinterpretare le tecniche tradizionali in chiave attuale, mantenendo sempre viva la tradizione e la cultura del loro paese.
La ceramica è la tua grande passione.
Sì, ed è diventata anche il mio lavoro nel 2009 con il progetto di aprire uno spazio dedicato alla ceramica contemporanea che si è concretizzato nel 2011 con l’inaugurazione di Officine Saffi a Milano.
Raccontaci com’è nata.
Da un incontro che ha fatto nascere un’amicizia e un rapporto di stima reciproca tra me e Anita, fondatrice della Gallerie Besson a Londra. Ricordo il suo invito a casa in Raeburns Hampstead, dopo aver ricevuto una mia mail in cui le chiedevo un appuntamento per avere un confronto e dei consigli. La sua risposta insperata è arrivata, mi ha fatto entrare nel suo mondo privato ricco di storia e passione. Appesi alle pareti un Mirò con dedica e un piccolo acquarello di Hermann Hesse anch’esso con dedica, la sua meravigliosa collezione di ceramiche e un caffè bevuto insieme nelle tazzine di Lucie Rie… io terrorizzata di farla cadere!
Anita Besson è stata il tuo mentore.
Sì, ho sempre stimato Anita e il suo coraggio, per prima in assoluto ha aperto nel 1988 una galleria dedicata esclusivamente alla ceramica. Nella sua carriera ha avuto sia successi personali che tanti riconoscimenti per gli artisti che rappresentava. Ha portato le opere di Lucie Rie e Hans Coper ai livelli che oggi conosciamo, oltre ad aver rappresentato artisti quali Jennifer Lee, Gordon Baldwin, Alev Ebuzziya Siesbye per citarne alcuni.
In Italia esiste una consapevolezza della ceramica come forma d’arte?
A lungo in Italia la ceramica è stata ignorata dall’arte contemporanea e dal design perché associata ad un’idea di artigianato, alle arti decorative. All’inizio non è stato facile. Negli anni, però, la sensibilità nei confronti di questo materiale è mutata e ora la ceramica è proposta nelle principali fiere d’arte di arte contemporanea e nelle gallerie più blasonate. Non solo, diversi artisti contemporanei conosciuti e apprezzati dai collezionisti hanno sperimentato questo media nella loro produzione artistica.
Che origine ha il nome della galleria, Officine Saffi?
Lo spazio è sempre stato un luogo del fare, prima una tipografia e poi officina meccanica, per questo la scelta del nome Officine Saffi. Con la ristrutturazione, troviamo lo spazio espositivo e un laboratorio attrezzato dove si tengono corsi individuali, di gruppo e workshop con artisti internazionali che svelano le loro tecniche e creatività.
Quante opere hai in collezione?
Non lo so, non le ho mai contate. Le opere che ho acquistato dialogano con quelle che gli artisti mi hanno regalato negli anni. Posso però dirti che in ogni stanza c’è un’opera d’arte. Scultura ceramica, pittura, installazioni...
Descrivici una stanza della tua casa.
In cucina ho alcune ceramiche che Pablo Picasso ha realizzato nel periodo di Vallarius, nella manifattura di Suzanne e Georges Ramié. Queste dialogano con alcune ciotole di un artigiano toscano e alcune piccole scatole in ceramica per il tè di Kazuhito Nagasawa, artista giapponese contemporaneo che combina l'argilla con il ferro, il vetro e il legno.
Non mancano ovviamente gli artisti più storicizzati come Albert Diato, Carlo Zauli e Fausto Melotti. Quest’ultimo condivide lo spazio con una Madonna con Bambino della scuola di Lippi sopra una credenza toscana del ‘700.
Nella tua collezione dialogano tutte le epoche storiche.
È vero. La mia passione abbraccia l’antico, il moderno e il contemporaneo. Sono convinta che non bisogna porre limiti a questa contaminazione. Alle pareti la stratificazione delle epoche convive con un’opera di Kiki Smith, una grande carta di riso e due acquerelli su pergamena, nature morte del 600. Ho anche alcuni vasi e sculture d’epoca greca, precolombiana ed egizia. Queste opere sono state e sono tutt’ora sono fonte d’ispirazione per gli artisti.
Come selezioni le opere che collezioni?
Mi piace circondarmi di opere che trasmettono positività. Per esempio, in sala da pranzo ho un’opera di Kiki Smith, un’artista solitamente cupa, della quale ho scelto un’opera che comunica speranza, con una bambina illuminata da una lampadina, un uccellino su un ramo, un augurio per il futuro.
Qual è il fil rouge di una collezione tanto variegata?
Un aspetto che sicuramente mi affascina è la materialità degli oggetti e delle opere. Mi affascina la patina che segna il passare del tempo, questo lo ritroviamo sul legno dei mobili, sugli oggetti e sulle opere sia del passato che contemporanee.
Oggi quali artisti sono nella tua lista dei desideri?
Ammetto che è un periodo in cui non sto acquistando, il mio sguardo è saturo e faccio fatica ad innamorami. Confido nel dialogo con gli artisti e con gli altri collezionisti, occasione per trovare nuovi stimoli e scoprire l’arte attraverso percorsi alternativi.
Un artista che inviteresti a cena?
Grayson Perry, sicuramente una cena non noiosa!